TRIESTE - LA ROTTA BALCANICA
Non arrivano solo con i barconi, arrivano anche dalle montagne, dopo mesi di cammino. Chi con le vesciche e le ferite ai piedi ce la fa. Altri vengono rimandati indietro, qualcuno addirittura colpito con le scosse elettriche ai confini. E non importa che siano “confini” italiani, sloveni, tedeschi, tanto questa parola fa schifo a prescindere. Quando arrivano sono felici. Devono trovare un lavoro, rimediare dei documenti, sono preoccupatissimi per i familiari che sono rimasti indietro. Ma sono felici, perché sono vivi. E mentre cantano in mezzo a una tendopoli, mi offrono per merenda l’unica cosa che hanno da mangiare. Arrivano, e continueranno a farlo. “Nessuno vorrebbe lasciare la propria casa, ma siamo costretti”. E chi dalle poltrone della politica ha il coraggio di dire “rimandateli a casa”: alzate il culo, veniteli a guardare negli occhi, ripercorrete anche solo 1 km di tutta la strada che hanno fatto loro. O semplicemente, tappatevi la bocca.